Quando si parla di tumori, è bene non abbassare mai la guardia. La prevenzione è importante ed efficace, specie se a quella fatta “a casa”, ovvero adottando un corretto stile di vita, si aggiunge quella dal medico e con gli esami di screening di prevenzione .
Con la visita senologica, insieme a ecografia, mammografia, all’individuazione dei fattori genetici responsabili del 5-7% dei tumori al seno, è possibile intercettare anche quei tumori che non si manifestano con un nodulo palpabile, aumentando così le probabilità di guarigione. Ne parliamo con la dottoressa Sara Galli, radiologa senologa di Humanitas San Pio X.
- 30 anni: prima visita senologica con ecografia
- da 30 a 40 anni (ogni anno): visita senologica con ecografia
- da 40 a 50 anni (ogni anno): visita senologica, ecografia e mammografia
- da 50 a 60 anni (ogni due anni): mammografia
In cosa consiste la visita senologica?
La visita senologica si divide in due momenti: il colloquio medico incentrato sulla storia clinica personale e della famiglia (anamnesi) e sulla rilevazione del rischio individuale, e poi la visita vera e propria con la palpazione di seno e ascella della donna e l’osservazione di eventuali anomalie.
Ecografia e mammografia sono esami necessari?
Sì, sono gli esami che permettono di studiare e valutare la mammella.
In base all’età della donna varia anche la densità della mammella, e per questo motivo il percorso di prevenzione cambia con l’età, ma può anche essere personalizzato dallo specialista, in base a fattori di rischio presenti, tra ecografia e mammografia o tomosintesi, ovvero una mammografia digitale di ultima generazione che consente di rilevare precocemente lesioni mammarie grazie alla possibilità di effettuare uno studio stratigrafico del seno.
L’ecografia è un esame di diagnostica per immagini, non invasivo e non doloroso, che permette di studiare il seno grazie sull’utilizzo di ultrasuoni (senza radiazioni). Entrambi gli esami durano pochi minuti
Cosa significa “fattori di rischio”?
Per fattore di rischio si intende qualunque elemento sia in grado di influenzare l’aumento delle probabilità di sviluppare una certa malattia.
Però, avere una probabilità più alta rispetto alla popolazione generale di ammalarsi di tumore mammario, non significa necessariamente sviluppare poi la malattia. Ad esempio alcune donne con uno o più fattori di rischio per il cancro alla mammella, non presenteranno mai la patologia, mentre circa metà delle donne che sviluppano il tumore non hanno apparenti fattori di rischio.
Quali sono i fattori che aumentano il rischio di cancro alla mammella?
Esistono fattori di rischio specifici e generali. Questi ultimi sono associati più o meno direttamente allo sviluppo dei tumori in generale, e sono il fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di alcol, l’obesità; quelli specifici, invece, si suddividono in fattori di rischio lieve, moderato, significativo per il tumore al seno.
L’età rappresenta un rischio lieve: circa il 77% delle donne con diagnosi di cancro della mammella hanno più di 50 anni e almeno il 50% sono over 65, mentre un rischio significativo è rappresentato dalla storia personale o familiare di tumore al seno. Infatti, una donna che ha già avuto un tumore a un seno, come per esempio il carcinoma duttale in situ (DCIS) o il carcinoma invasivo della mammella, ha un rischio di 3-4 volte superiore di sviluppare un nuovo tumore primario, cioè non una recidiva, nello stesso seno o nell’altro seno.
Anche avere una mamma o sorella con tumore al seno (ma non è esente il rischio che deriva da un parente maschio con tumore al seno, sebbene raro), aumenta il rischio fino a tre volte, specie se il tumore si è sviluppato prima della menopausa su entrambi i seni. Infine la genetica, ovvero l’aver ereditato la mutazione a carico del gene BRCA1, e la presenza di lesioni mammarie precancerose.
Tra i fattori che definiscono un rischio moderato, invece, la storia familiare non diretta, per esempio zie, nonne o cugine con tumore al seno, il sovrappeso specie se la concentrazione di grasso è addominale, familiarità per altri tumori (ovarico, melanoma, pancreas) e l’assunzione prolungata a terapia ormonale sostitutiva (TOS).