Test di fertilità femminile: quali sono e quando farli

Quali esami servono per capire se l'infertilità ha cause femminili, quando vengono richiesti e in che periodo del ciclo devono essere eseguiti.

Cosa sono i test di fertilità femminile e quando sono necessari

Si definiscono test di fertilità femminile quegli esami che servono a studiare lo stato di fertilità della donna. 

Queste indagini sono raccomandate in caso di infertilità, ossia quando una coppia non riesce ad avere un figlio dopo 12 mesi di rapporti mirati. Se però la donna ha più di 35 anni, si consiglia di effettuarle già dopo 6 mesi di tentativi, essendo dimostrato che la fertilità femminile tende a subire un calo importante dopo quest’età.

Va sottolineato che quando la coppia sperimenta una condizione di infertilità solitamente è necessario sottoporre a valutazione entrambi i partner, dal momento che le cause del mancato concepimento possono essere femminili (35,5% dei casi), maschili (35,4%) o legate ad ambo i sessi (15%).

A ciò bisogna aggiungere che, nonostante tutti gli accertamenti eseguiti, in circa il 13,2% delle coppie l’infertilità resta comunque inspiegata (infertilità idiopatica o “sine causa”).

In un precedente articolo ci siamo già occupati dei test disponibili per l’uomo. Qui ci concentreremo invece sugli esami consigliati per la donna.

Quali sono i test di fertilità femminile

Gli esami per valutare la fertilità femminile possono essere suddivisi in primo, secondo e terzo livello.

I test di primo livello sono esami di routine e comprendono:

  • colloquio preliminare
  • visita ginecologica 
  • ecografia pelvica
  • dosaggi ormonali

I test di secondo e terzo livello sono esami più specifici, che vengono richiesti solo se necessario per approfondire le problematiche emerse dalle indagini precedenti o in previsione dei trattamenti di PMA. Questi test comprendono:

  • isterosalpingografia
  • sonoisterografia
  • isteroscopia
  • laparoscopia
  • biopsia endometriale
  • studio del cariotipo

Vediamoli nel dettaglio.

Colloquio preliminare

La prima indagine a cui l’aspirante mamma deve sottoporsi è un colloquio con il ginecologo specialista di infertilità.

Durante questo incontro il medico raccoglierà l’anamnesi, ossia la storia clinica della donna e tutti i dati personali e familiari che possono essere di interesse per formulare una corretta diagnosi.

Questo significa che il ginecologo si informerà su:

  • tempi di ricerca della gravidanza
  • frequenza dei rapporti
  • eventuali problematiche sessuali
  • età della prima mestruazione (menarca)
  • regolarità del ciclo
  • eventuale uso di contraccettivi
  • stato di salute generale
  • farmaci assunti
  • eventuali malattie in grado di interferire con la fertilità femminile (ad es. endometriosi, sindrome dell’ovaio policistico, diabete, disfunzioni della tiroide)
  • eventuali gravidanze precedenti e/o aborti pregressi
  • abitudini di vita (ad es. fumo, consumo di alcolici)
  • esposizione a sostanze chimiche o radiazioni
  • abitudini alimentari

In occasione di questa visita, è importante ricordarsi di portare con sé tutti i documenti (ad es. risultati e referti di precedenti esami o visite) che possono essere utili al ginecologo per una corretta valutazione preliminare.

Questo sarà anche il momento in cui il medico prescriverà i primi test di fertilità da eseguire per la coppia.

Da sapere

Alcuni centri di infertilità consentono di effettuare questo primo colloquio online, anticipando i referti tramite mail.

Visita ginecologica

Dopo aver raccolto l’anamnesi, il ginecologo eseguirà una visita ginecologica per valutare la salute dell’apparato riproduttivo della donna.

Durante la visita verrà effettuato anche il pap-test, se non eseguito nei 12 mesi precedenti.

Ecografia pelvica

In genere si tratta di un’ecografia transvaginale, eseguita quindi inserendo la sonda all’interno del canale vaginale.

Questo esame consente di valutare in particolare l’utero, le ovaie e le tube di Falloppio, alla ricerca di eventuali alterazioni che potrebbero interferire con il concepimento o con una corretta evoluzione della gravidanza, come:

  • polipi o miomi uterini (fibromi)
  • setti uterini
  • cisti ovariche
  • sactosalpinge (una raccolta di liquido all’interno della tuba che può essere indice di diverse patologie)
  • lesioni tumorali

Da sapere

Il ginecologo può decidere di effettuare questo esame in periodi particolari del ciclo mestruale.

Ad esempio, un’ecografia eseguita nella fase proliferativa (ossia nella prima metà del ciclo, dopo aver avuto le mestruazioni ma prima dell’ovulazione), permette di osservare le modificazioni del rivestimento interno dell’utero (l’endometrio) e valutare così la presenza di alterazioni.

Un’ecografia effettuata nella fase mestruale (in genere tra il 3° o il 4° giorno del ciclo) consente invece di eseguire la conta follicolare, una misurazione che serve a studiare il numero dei follicoli e quindi a valutare la riserva ovarica della donna, ossia il suo potenziale di fertilità.

Dosaggi ormonali

Si eseguono tramite un normale prelievo di sangue e servono a misurare i livelli di ormoni specifici nel circolo sanguigno.

I dosaggi ormonali più frequentemente richiesti dal ginecologo per valutare lo stato di fertilità della donna sono:

  • FSH (ormone follicolo-stimolante)
  • LH (ormone luteinizzante)
  • estradiolo
  • prolattina
  • progesterone
  • AMH (ormone antimulleriano)
  • TSH (ormone tireostimolante)

Questi test sono importanti per capire se l’infertilità dipende da un’insufficiente produzione ormonale.

L’AMH, insieme alla conta follicolare, consente di fare una stima della riserva ovarica, mentre il TSH permette di comprendere se l’infertilità è collegata a un malfunzionamento della ghiandola tiroide.

Da sapere

Per lo studio di questi ormoni è necessario eseguire più prelievi di sangue in momenti specifici del ciclo mestruale.

Ad esempio, il prelievo per il dosaggio di FSH e LH viene generalmente programmato tra il 2° e il 3° giorno del ciclo mestruale, mentre quello per progesterone deve essere eseguito il 21° giorno del ciclo.

AMH e TSH possono essere misurati in qualsiasi fase del ciclo mestruale. Tuttavia, un dosaggio dell’AMH effettuato tra il 3° e il 5° giorno può essere correlato alla conta follicolare e fornisce una previsione della risposta ovarica.

Isterosalpingografia

Si tratta di un esame radiografico che serve a valutare l’eventuale presenza di malformazioni uterine o di ostruzioni all’interno delle tube di Falloppio (che potrebbero impedire l’incontro tra ovulo e spermatozoo).

L’esame viene effettuato iniettando nella cavità uterina un liquido di contrasto (ossia una sorta di “colorante” visibile in radiografia) attraverso un sottile catetere inserito attraverso la vagina e il collo dell’utero.

L’isterosalpingografia non richiede anestesia e si esegue nei primi giorni del ciclo mestruale.

Sonoisterografia

È un esame ecografico utile per escludere la presenza di polipi o miomi uterini. In aggiunta, come l’isterosalpingografia, consente di studiare la forma dell’utero e la pervietà delle tube.

Anche la sonoisterografia prevede l’inserimento di un catetere all’interno dell’utero passando per il canale vaginale. In questo caso, però, attraverso il catetere viene iniettata della soluzione fisiologica sterile per dilatare la cavità uterina ed evidenziare così eventuali anomalie.

Anche questa indagine non richiede l’anestesia e viene eseguita nei primi giorni del ciclo mestruale.

Isteroscopia

È una tecnica endoscopica che consente di visualizzare direttamente la cavità uterina e l’endometrio, e individuare la presenza di polipi, miomi e altre alterazioni e malformazioni uterine.

L’isteroscopia viene eseguita inserendo nell’utero per via vaginale un sottile strumento dotato di una piccola telecamera (isteroscopio), dopo aver disteso le pareti uterine con soluzione fisiologica.

In genere, questo esame è consigliato in caso di aborti spontanei ricorrenti e rappresenta un esame essenziale prima di qualsiasi trattamento di PMA.

Laparoscopia

Si tratta di una procedura chirurgica mininvasiva che consente di diagnosticare la presenza di endometriosi, identificare eventuali aderenze cicatriziali e valutare la pervietà delle tube, tutti elementi importanti nei casi di infertilità femminile.

La laparoscopia viene eseguita inserendo uno strumento a fibre ottiche collegato a una telecamera (laparoscopio) attraverso una piccola incisione sull’addome.

A differenza delle altre procedure, questa tecnica richiede l’anestesia generale.

Biopsia endometriale

Consiste nel prelievo e nello studio in laboratorio di un campione di endometrio, alla ricerca di eventuali anomalie. Il tessuto viene asportato inserendo un catetere all’interno della cavità uterina attraverso la vagina e la cervice.

Attraverso la biopsia endometriale è possibile:

  • individuare l’eventuale presenza di germi nella cavità uterina (tramite endometriocoltura);
  • accertare che la maturazione dell’endometrio sia sincronizzata con il ciclo mestruale;
  • eseguire degli approfondimenti di tipo immunitario.

Si tratta di un esame tipicamente raccomandato per studiare l’endometrio nei casi di mancato impianto.

Studio del cariotipo

Questo test di fertilità rientra tra gli esami genetici per valutare l’infertilità di coppia e serve ad analizzare il numero e la struttura dei cromosomi alla ricerca di eventuali anomalie.

In genere, lo studio del cariotipo viene raccomandato quando la donna ha una storia di aborti ricorrenti. Per eseguirlo, è necessario effettuare un semplice prelievo di sangue.

Fonti

  • Cleveland Clinic, Female Infertility, 2023, My.clevelandclinic.org [Ultimo accesso: ottobre 2024]