Rimanere incinta allattando non solo è possibile, ma anche più frequente di quanto non si pensi. Anche se l’allattamento riduce la fertilità femminile, infatti, non previene completamente l’ovulazione e pertanto non rappresenta un metodo efficace per evitare una gravidanza indesiderata.
Vediamo perché.
Indice
Allattamento e ovulazione: il ruolo degli ormoni
Prolattina
Durante la gravidanza, la futura mamma produce la cosiddetta prolattina, un ormone che ha il ruolo di stimolare la lattazione, ossia la produzione del latte materno.
Alti livelli di prolattina ritardano la ripresa dell’ovulazione, perché inibiscono il rilascio di estrogeni. Tuttavia, è importante sottolineare che l’elevata produzione di questo ormone abbassa il rischio di gravidanza, ma non lo esclude del tutto.
Il livello di prolattina, infatti, è particolarmente alto nell’ultimo trimestre di gravidanza e raggiunge il picco al momento del secondamento della placenta. Poi, una volta nato il bambino, i valori ormonali scendono, restando comunque elevati finché la mamma allatta secondo determinate condizioni, ossia:
- il ciclo non è MAI tornato (amenorrea).
- il bambino viene allattato solo al seno e si alimenta esclusivamente con il latte materno;
- le poppate sono regolari e frequenti (allattamento a richiesta);
- l’intervallo di giorno (dalle 6 alle 22) non è mai essere superiore alle 4 ore. L’intervallo di notte (dalle 22 alle 6) supera mai le 6 ore;
- il bambino ha meno di 6 mesi. Questo perché con lo svezzamento non si ha più un allattamento esclusivo e la produzione di prolattina si riduce. Inoltre, dopo i 6 mesi si hanno maggiori probabilità che l’ovulazione riprenda, il che significa che la donna potrebbe rimanere incinta prima di riavere il ciclo.
Il rispetto di queste condizioni prende il nome di Metodo dell’Amenorrea Lattazionale o Amenorrea da Allattamento (LAM). Questa strategia contraccettiva avrebbe circa il 98% di efficacia nell’inibire la fertilità, tuttavia non è affatto semplice applicarla correttamente.
Se solo uno di questi punti non viene rispettato, infatti, si ha una riduzione della prolattina e il rischio di gravidanza aumenta.
Progesterone ed estrogeni
L’allattamento inibisce la produzione di altri ormoni importanti per la fertilità: il progesterone e, come abbiamo già visto, gli estrogeni. Questo riduce le probabilità di rimanere incinta a vari livelli (ovulazione, produzione di ormoni, annidamento dell’uovo e fecondazione).
Tuttavia, ancora una volta, è importante sottolineare che il rischio di gravidanza non viene azzerato, ma solo ridotto.
Posso rimanere incinta allattando?
Alla luce di quanto abbiamo spiegato, possiamo dire che la risposta è sì, soprattutto se:
- il ciclo è tornato, anche se si presenta una sola volta e poi scompare (le mestruazioni dopo il parto possono essere estremamente irregolari);
- il bambino ha più di 6 mesi, prende il ciuccio o un’aggiunta di latte artificiale, beve acqua o tisane o ha iniziato lo svezzamento;
- anche UNA SOLA delle poppate avviene a un intervallo superiore alle 4 ore di giorno o alle 6 di notte.
La stimolazione della prolattina, infatti, è strettamente legata alla suzione del seno da parte del bambino.
Posso rimanere incinta in allattamento senza mestruazioni?
La risposta è ancora un sì. Basti pensare che:
- non sempre l’ovulazione dopo il parto è seguita da un regolare flusso mestruale; di conseguenza non è possibile basarsi sull’assenza del ciclo per sapere se si è tornate a ovulare;
- solitamente l’ovulazione avviene circa 2 settimane prima del ritorno del ciclo, per cui vale la stessa considerazione di cui sopra;
- non è possibile sapere con certezza quando ricomincerà l’ovulazione. I tempi variano da donna a donna e da un allattamento all’altro, Alcune mamme non ovulano per tutta la durata dell’allattamento. Altre invece ricominciano appena il bambino salta una poppata. Altre ancora, anche se più raramente, hanno le mestruazioni a 40 giorni dal parto e proseguono poi con cicli regolari, pur con un allattamento esclusivo.
Ovulazione in allattamento: i sintomi
Il ritorno alla fertilità può essere riconosciuto da alcuni segnali che il nostro corpo ci invia. Non tutti però sono facilmente riconoscibili.
Se una donna non ha mai monitorato il proprio periodo fertile può essere ancora più difficile individuarli perché i sintomi dell’ovulazione in allattamento sono molto sfumati. Per chi invece ha maggiore confidenza con il proprio corpo, sarà senz’altro più semplice.
- Il primo segno è il capoparto, ossia la comparsa delle prime perdite di sangue dopo il parto. Non sempre il capoparto è segno che è avvenuta l’ovulazione: i primi cicli mestruali possono infatti anche essere anovulatori (ossia la mestruazione non è preceduta dall’ovulazione). Tuttavia, è sicuramente un indizio che il corpo si sta preparando a riavviare i meccanismi della fertilità.
- Un altro segno è rappresentato dal rialzo della temperatura basale nel periodo periovulatorio. Bisogna però sottolineare che la temperatura basale in allattamento è già più elevata rispetto alla norma e può essere difficile riconoscere chiaramente l’aumento.
- L’osservazione di un muco cervicale chiaro e filamentoso (a chiara d’uovo) anticipa che si è in prossimità dell’ovulazione. Un muco denso e opaco indica invece che gli ormoni della fertilità si stanno attivando, ma che si è ancora infertili.
- Infine, anche la consistenza e la posizione collo dell’utero possono segnalare che l’ovulazione è vicina. Un collo uterino morbido, aperto e rivolto in avanti indica infatti che la fertilità si sta riattivando.
Cosa fare per evitare una gravidanza in allattamento?
Rimanere incinta subito dopo il parto può mettere a dura prova il fisico di una neomamma e aumentare il rischio di complicazioni. Per questo, i medici consigliano di attendere almeno 6 mesi (e preferibilmente 18) prima di una nuova gravidanza.
Alla ripresa dei rapporti sessuali, le mamme che allattano dovrebbero quindi utilizzare un metodo contraccettivo efficace. Ma quale scegliere?
La prima visita dopo il puerperio è il momento ideale per discutere i metodi anticoncezionali utilizzabili in allattamento.
Le possibilità sono varie. Per chi desidera un contraccettivo ormonale, è possibile optare per la pillola contenente solo progestinico (detta POP o, erroneamente, mini-pillola) e non aumenta il rischio di trombosi. Questo farmaco si può assumere già 3-4 settimane dopo il parto.
In alternativa, esistono metodi barriera come il condom, che non ha implicazioni sull’allattamento. Infine, abbiamo la spirale, che viene inserita dalle 6 alle 8 settimane dopo il parto.
Chiedi informazioni al ginecologo o all’ostetrica, per scegliere il metodo anticoncezionale più adatto a te.
Rimanere incinta durante l’allattamento: sintomi
I sintomi di gravidanza in allattamento sono simili a quelli di una gravidanza “normale”, con la differenza che possono essere più difficili da riconoscere, soprattutto se il ciclo non è ancora tornato.
Se la mamma ha già avuto il capoparto, la scomparsa delle mestruazioni può essere un segnale. Tuttavia, è importante sottolineare che saltare una mestruazione dopo il capoparto non è un segno certo di gravidanza. Come abbiamo già detto, infatti, dopo la nascita del bambino è piuttosto normale avere cicli molto irregolari.
Altri sintomi di gravidanza in allattamento, con o senza ciclo, potrebbero essere:
- sensazione di seno gonfio e teso (fisiologica anche in allattamento);
- forte stanchezza (tipica delle neomamme con un neonato da accudire);
- nausea
In entrambi i casi, se esiste il sospetto di una gravidanza inattesa, il consiglio è quello di fare un test di gravidanza ad almeno 16 giorni dal rapporto non protetto e, se il risultato è negativo e i dubbi persistono, ripetere il test a distanza di una settimana.
Fonti
Istituto Superiore di Sanità: “È vero che durante l’allattamento non posso rimanere incinta?”; (2018). [Ultimo accesso: 24 ottobre 2022]
La Leche League International: “Fertility”. [Ultimo accesso: 24 ottobre 2022]
Antonella Sagone: “Allattamento e fertilità”; (2020). [Ultimo accesso: 24 ottobre 2022]