Una patologia abbastanza frequente nella popolazione, principalmente femminile, che può ostacolare il concepimento e compromettere il buon sviluppo di una gravidanza è l’ipotiroidismo, specie di tipo autoimmune.
L’ipotiroidismo è una patologia che rallenta il funzionamento della tiroide a causa di una scarsa presenza di ormoni tiroidei.
Nello specifico, nell’ipotiroidismo autoimmune (noto come Tiroidite di Hashimoto) l’organismo produce anticorpi diretti ad attaccare e danneggiare la tiroide stessa.
La diagnosi viene effettuata dopo un prelievo di sangue e un dosaggio di anticorpi specifici, l’anti tireoglobulina e l’anti perossidasi, oltre ai normali ormoni tiroidei, tsh, ft3 ed ft4.
L’ipotiroidismo autoimmune può essere anche subclinico, ovvero non si rilevano sostanziali alterazioni degli ormoni specifici, per cui senza un dosaggio di anticorpi potrebbe anche passare inosservato e non essere diagnosticato per tempo.
Ipotiroidismo autoimmune e fertilità
La presenza di una patologia autoimmune genera uno stato infiammatorio sistemico, per cui la fertilità può essere compromessa ed un concepimento difficile da ottenere.
Inoltre, in gravidanza il funzionamento della tiroide subisce alterazioni fisiologiche: nel primo trimestre in genere si osserva un abbassamento del tsh dovuto essenzialmente ad una sorta di interferenza con il beta HCG che ha parte della struttura simile a quella del tsh. Inoltre, finché la tiroide del bambino non sarà completamente formata e funzionante, la tiroide della madre dovrà funzionare per due, ma questo non la rende meno efficiente o più affaticata, come dicevamo sono processi fisiologici.
Questo, però, implica che eventuali problemi nel funzionamento della tiroide materna possono riflettersi sullo sviluppo del bambino, per cui un ipotiroidismo può provocare una scarsa crescita, basso peso alla nascita, parto pretermine o anche aborti spontanei.
La migliore strategia è effettuare uno screening del funzionamento della tiroide quando si decide di avere un bambino, in modo da intervenire per tempo nel caso in cui dovesse essercene bisogno.
Naturalmente il medico prescriverà una terapia farmacologica, ma anche con l’alimentazione si può fare molto. Il modo in cui mangiamo può servire essenzialmente a due scopi:
- Ottimizzare l’efficacia della terapia, migliorando il funzionamento dei farmaci e limitando eventuali effetti collaterali.
- Migliorare la sintomatologia.
L’importanza dell’alimentazione nell’ipotiroidismo autoimmune
In questi casi si consiglia di eliminare dalla propria alimentazione gli elementi cosiddetti “pro infiammatori”, come farine e cereali contenenti glutine, latticini, legumi, zuccheri (eccetto quelli della frutta) e NIENTE SOIA (contiene fitoestrogeni che interferiscono con gli ormoni tiroidei). E’ vero, sono tanti alimenti, ma in commercio, ma soprattutto in natura, esistono tantissime valide e gustose alternative.
Tra i glucidi abbiamo cereali naturalmente senza glutine, il riso in tutte le sue declinazioni (di cui i migliori sono i basmati e gli integrali), quinoa, amaranto, avena. Le farine di frumento possono essere sostituite con quelle di riso, di mandorle, di castagne, di cocco, ecc.
Importante è l’apporto di omega 3, che si può trovare nella frutta secca, nell’olio extravergine di oliva, nel pesce azzurro, così come il selenio, contenuto anch’esso in pesce, frutta secca, cereali.
Attenzione anche ai prodotti che si utilizzano in casa, principalmente le plastiche, i saponi e detergenti e le pentole, che potrebbero rilasciare interferenti endocrini.
E’ fortemente sconsigliato utilizzare stoviglie e recipienti di plastica che non abbiano l’esplicita indicazione dei assenza di bisfenolo – A (BPA). Meglio scegliere le varianti in vetro o ceramica, bianchi.
Attenzione alle pentole e alle padelle graffiate o danneggiate, devono essere sostituite. Tra saponi, detergenti e cosmetici meglio orientarsi sui quelli che non contengono parabeni e derivati del petrolio, meglio ancora se biologici.
Siti web: www.romanutrizionista.it e www.coronanutrizione.it