Fecondazione assistita, la Corte costituzionale seppellisce definitivamente la legge 40: via libera alla diagnosi pre-impianto
Undici anni dopo l’entrata in vigore, la legge 40 sulla fecondazione assistita viene quasi definitivamente demolita dai giudici della Corte costituzionale che oggi hanno dato il via libera alla diagnosi pre-impianto, finora vietata.
La diagnosi pre-impianto era richiesta dalle coppie fertili e in grado di avere un figlio naturalmente ma portatrici di malattie genetiche. La legge non contemplava questa pratica e dava la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita soltanto alle coppie coniugate infertili o sterili.
La decisione della Consulta fa cadere l’ultimo bastione di una legge che per gli oppositori era stata tagliata su misura del Vaticano, eppure il referendum del 2005 che mirava ad abrogarla non ebbe successo. Poco a poco, prima i tribunali e poi la stessa Corte costituzionale hanno cominciato a smantellarla, cancellando l’obbligo di impianto di massimo tre embrioni tutti insieme e poi il divieto di fecondazione eterologa.
Il punto sul quale si sono pronunciati i giudici supremi oggi riguarda, appunto, l’esclusione delle coppie fertili dalle tecniche di fecondazione assistita. Sono state due sentenze – dei tribunali di Roma (2014) e Milano (2015) – a sollevare questione di legittimità costituzionale in base alla presunta disparità che questa norma introduce a svantaggio delle coppie fertili.
La Consulta ha stabilito, dunque, che anche le coppie in grado di procreare naturalmente possono accedere alla fecondazione assistita, sanando così una discriminazione già sancita dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che nel 2012 diede ragione a una coppia che non aveva potuto accedere alla procreazione artificiale.
“Apprendo dai media la notizia che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma che vieta la fecondazione assistita alle coppie fertili con malattie genetiche. Esprimo gioia e soddisfazione: ci aspettavamo una sentenza in tal senso, che rispettasse i diritti delle coppie che chiedono l’accesso ai trattamenti sanitari affinché siano rispettati diritto alla salute e principio di uguaglianza”. Lo dichiara Filomena Gallo, uno degli avvocati delle coppie coinvolte. “Ora -aggiunge- attendiamo le motivazioni della sentenza”.