“Dite:
è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione.
Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto. Non è questo che più stanca.
È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’’ltezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli”.
Janusz Korczak, medico pediatra – “Quando ridiventerò bambino“
Su questo tema ci sembra opportuno iniziare con una premessa che illustra in modo breve ma chiaro quali sono i bisogni profondi che il piccolo appaga con la suzione, tratta da “Il nuovo bambino” di Marcello Bernardi, celebre pediatra autore di oltre sessanta pubblicazioni scientifiche:
“L’abitudine di succhiare qualcosa, che non necessariamente deve essere il ciuccio o il pollice, ma che può essere una cosa qualunque, viene di solito definita come “vizio” e considerata come fonte terribile di sciagure. In realtà, le conseguenze sono abbastanza modeste, quando ci sono, e si riducono a una deformazione dell’arcata dentaria. Ma anche tale deformazione non sempre si verifica e se si verifica, non sempre è dovuta al ciuccio. O non solo al ciuccio. Ci possono essere di mezzo fattori ereditari, per esempio, che producono quella conformazione mascellare.
E prosegue: “I motivi della suzione sono profondi e complessi. Quando succede che un bambino si dedichi disperatamente al ciuccio o al proprio pollice? La risposta è chiara: quando è solo, quando sta per addormentarsi, o, se è più grandicello quando è avvilito o ha bisogno di consolazione. Il bambino si abbandona alla suzione quando gli manca qualcosa, quando è infelice. Ora, il qualcosa che gli manca, è di solito qualcuno, una presenza umana.
Prendiamo l’esempio del bimbo che sta per dormire: egli non sa che fra poche ore la sua vita ricomincerà come prima, che rivedrà le solite cose e i soliti volti. Egli sente che col sonno arriva un distacco, un salto nel buio, un abbandono della compagnia umana e specie della mamma.
Col sonno, sente arrivare la solitudine.
Allora si sforza di richiamare la figura materna e di renderla presente in qualcosa che lui può dominare e tenere vicino a sé. Ma non è tutto qui: per un lattante il succhiare non rappresenta solo il piacere del contatto umano, ma anche un essenziale strumento di esplorazione: tutto ciò che interessa il bambino, che attira la sua attenzione o che suscita il suo entusiasmo chiama in gioco la bocca: egli succhia anche per conoscere.
Se si tiene conto di questa smisurata importanza che il succhiare ha per il bambino, appare subito evidente che ogni atteggiamento repressivo porterà ad un’esasperazione della suzione stessa. In breve, il modo migliore per consolidare in un bambino il “vizio del ciuccio” è quello di impedirglielo.
D’altronde, è logico: se il ciuccio, o il pollice, conforta la solitudine del bimbo dandogli l’illusione della presenza materna, se il succhiare appaga la sua curiosità e il suo bisogno di conoscenza, è ovvio che la repressione moltiplicherà per un milione di volte sia il desiderio di compagnia che di esplorazione.
Quando togliere il ciuccio?
Un’età indicata per iniziare a ridurre la presenza del ciuccio non esiste, anche perché, come sempre, ogni bambino ha il suo carattere, le sue peculiarità, la sua famiglia e la sua storia.
A maggior ragione, quindi, non si può stilare un elenco di regole valide per tutti, (tanto meno sarebbe un errore paragonarlo ad altri bambini della sua età o ai fratelli maggiori): di solito accade spontaneamente attorno ai due o tre anni (o comunque entro i quattro), ovvero quando il bambino inizia ad avere più fiducia in se stesso e riesce a trovare dentro di sé nuove risorse per tranquillizzarsi e affrontare le frustrazioni quotidiane.
In ogni caso è assolutamente da sconsigliare un distacco drastico: al contrario, l’abbandono del ciuccio dovrebbe essere un passaggio graduale, in modo che il bambino si abitui piano piano a farne a meno.
Prima di iniziare, bisogna innanzitutto porre attenzione allo stato d’animo del piccolo, al periodo che sta vivendo: se c’è qualche motivo che non lo rende tranquillo e sereno come dovrebbe, è forse opportuno rimandare questo ulteriore stress.
Il primo passo del distacco
Se invece ritenete sia una fase in cui il bambino è pronto ad affrontare questo momento di passaggio, il primo passo è provare a parlarne con lui, cercando di fargli capire che sta diventando grande e mamma e papà sono certi che se la caverà benissimo senza ciuccio.
In Danimarca e in molti paesi dell’Europa settentrionale esiste una tradizione per salutare il ciuccio: si appende a un albero, “L’albero dei ciucci”, un luogo da raggiungere con i propri figli per compiere insieme un vero e proprio rito di passaggio.
Stratagemmi
Di solito vengono usati due tipi di stratagemmi per “convincere” il bambino: qualche elemento esterno alla famiglia (fatine, topolini, elfi) è venuto a prendere il ciuccio e ha lasciato un regalino in cambio, oppure si prova a rendere il bambino consapevole e piano piano far sì che si abitui a separarsene, ad esempio concordando che può usarlo solo in casa, o per la nanna, o per gli spostamenti in auto.
Lo si ripone insieme in una scatolina e si rende il bambino protagonista delle sue conquiste, attivo e partecipe.
Dopo un periodo in cui si è abituato ad utilizzarlo meno ore, si può fissare insieme una data per salutare il ciuccio, rendendo questo passaggio di crescita un ulteriore momento di complicità con i genitori. Ecco qualche spunto:
3 modi per togliere il ciuccio
1) Portarlo insieme in un luogo a cui il bambino è particolarmente legato, come un parco, un bosco, e creare una bella fiaba che gli faccia percepire questo momento come magico e speciale. Il piccolo si sentirà protagonista di una storia che vivrà in prima persona insieme a mamma e papà, pronti a rassicurarlo.
2) Organizzare una festicciola insieme agli amichetti e ai nonni per celebrare un traguardo così importante. Un gesto di incoraggiamento da parte di mamma e papà che ancora una volta, riconoscendo quanto il piccolo è affezionato al suo ciuccio lo sostengono, comprendono le sue difficoltà e lo gratificano aiutandolo a crescere.
Un saluto al ciuccio e insieme una festa al bambino che è ufficialmente “diventato grande”: non c’è niente di più bello che celebrare tutti insieme una nuova fase di vita del bambino.
3) Lasciare andare il ciuccio verso nuove avventure!
Anche il ciuccio, come il bimbo, è diventato grande ed è pronto per nuove avventure. Diamogli quindi ali per volare ed esplorare il mondo, proprio come al nostro bambino. Forse vorrà andare sulla Luna, fare il giro del mondo, andare nello spazio. O forse vorrà essere utile a qualche bambino molto piccolo, chissà… ma è giunto il momento di lasciarlo andare: leghiamo il ciuccio ad un palloncino e liberiamolo nell’aria, pronto per nuove avventure!
Un momento di crescita
Questi sono solo alcuni esempi di come costruire una storia o creare un momento speciale per coinvolgere il bambino e affrontare insieme un momento di crescita. L’importante è mettersi in ascolto del piccolo per capire se veramente è pronto al distacco o se stiamo forzando la mano, “imponendo” un’accelerazione che non corrisponde alle sue esigenze e ai suoi tempi ma che lo rende al contrario, ancora più inquieto e spaesato.
Ai genitori invece si suggerisce, tornando alle parole del pediatra Massimo Bernardi nel suo “Il nuovo Bambino”, di “non farne una tragedia”, un mese in più o in meno poco cambia, l’importante è che il bambino scopra man mano nuovi strumenti in se stesso per fare fronte all’ansia, alla frustrazione e al malumore senza sentire l’esigenza del ciuccio: “Mettiamo subito in chiaro che i vizi non esistono. Sono un’invenzione di certi educatori di tipo tradizionale, ferrei e tutti d’un pezzo, arcigni e pericolosi. Se un bambino piange, un motivo c’è.
Può darsi che voglia solo compagnia. Il bambino che chiama e non ottiene risposta finisce col perdere fiducia nel mondo. Il guaio è che la perde per sempre. Certo, lo so benissimo che se a un bimbo non si risponde mai prima o dopo si rassegna e rinuncia a lanciare i suoi appelli verso un mondo che tanto non lo ascolta. A questo punto, secondo gli educatori di cui dicevo prima, il bambino è diventato “buono”. Cioè sta zitto e non disturba più nessuno. Ma non è diventato buono. Ha semplicemente accettato la sconfitta. Francamente non mi pare un successo di cui ci si possa vantare”.
Stiamo vicino ai nostri bambini e lasciamo che ci “disturbino”, che ci tengano desti. In fondo non serve tagliare nessun traguardo prima degli altri, tanto meno dimostrare qualcosa: tra dieci anni a nessuno importerà a quale età il vostro bambino ha fatto a meno del ciuccio, a lui per primo.
L’amore con cui li sosteniamo ogni giorno invece, e con cui cerchiamo ci comprendere i loro bisogni più profondi, è una sicurezza e una risorsa che porteranno con sé ogni giorno della loro vita.