Dopo il periodo di maternità, quando la mamma deve rientrare al lavoro, per ogni coppia si pone il dilemma di come gestire le giornate del neonato in loro assenza. Affidare il proprio bambino per un certo numero di ore al giorno non è mai semplice: nessuno lo conosce come i genitori e delegare senza sensi di colpa e preoccupazione è tutto tranne che immediato.
Le alternative sono sempre le stesse: nonni, tata o nido. Nessuna di queste si può definire “giusta” o “sbagliata” in assoluto e ognuna presenta indubbiamente i suoi pro e contro, come ogni scelta del resto.
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Nonni sì, nonni no
In molti casi il problema non si pone nemmeno: i nonni abitano lontani, lavorano oppure sono anziani e non riescono a farsi carico di un impegno quotidiano così importante. Non è da escludere nemmeno il caso in cui avrebbero al contrario tutte le carte in regola per potersi occupare del piccolo, ma per i più svariati motivi si tirano indietro, provocando il dispiacere da parte della coppia che non sente “condivisa” una gioia così grande e non si sente supportata in una fase di transizione così cruciale della vita, in cui ogni aiuto sarebbe più che apprezzato.
Anche nel caso contrario, invece, in cui i nonni sarebbero entusiasti di prendersi cura del piccolo, è prudente da parte dei neogenitori fermarsi un momento per riflettere e chiedersi se ciò che viene loro offerto è davvero il supporto di cui hanno bisogno, se è davvero la soluzione giusta. Può capitare anche che in un momento di slancio i nonni offrano un aiuto costante e quotidiano, non ricordando quanto sia faticoso accudire un neonato tutto il giorno e tutti i giorni. Spesso infatti si dimentica che un conto è fare una visita saltuaria, vedere il piccolo che sorride, giocarci e coccolarlo qualche ora sotto la supervisione della mamma, pronta a intervenire e a interpretare pianti e bisogni del bambino. Ben altro discorso è invece gestirlo intere giornate in autonomia.
Se i genitori stessi arrivano a sera decisamente stanchi, e rispetto ai nonni hanno molti anni in meno e tanta energia e risorse in più, non è strano pensare che per persone più in là con l’età sia davvero un incarico eccessivamente oneroso: il neonato necessita di attenzione e cura costante. Poppate, cambi e nanna sono un ciclo continuo che prevede poco riposo.
Quando il piccolo cresce e si avvicina all’anno poi, l’impegno è diverso ma non certo minore: il piccolo raggiunge un livello sempre maggiore di autonomia e richiede supporto. Appena inizia a gattonare e camminare occorrono energia e attenzione per giocare molte ore insieme a lui e per non perderlo d’occhio nemmeno un momento tra le insidie di casa.
In poche parole, che per i nonni possa essere un momento bellissimo non ci sono dubbi, che abbiano l’energia sufficiente per occuparsi ogni giorno del piccolo, lo è un po’ di meno.
Anche i più grandi entusiasmi possono avere una battuta d’arresto davanti alla realtà e le energie sono un limite che non va trascurato.
Se i nonni non sono più giovani ma tengono particolarmente a curare il nipotino si può pensare di dare loro un aiuto affiancando loro una tata qualche ora al giorno.
Ma forse questo non è nemmeno il punto principale. Quando si affida un figlio ai nonni, bisogna essere certi che il rapporto con loro ci permetta davvero di farlo in tutta serenità: occorre che i limiti siano chiari, tracciati e soprattutto condivisi.
L’aiuto dei nonni: pro e contro
I nonni sono una risorsa preziosa e in molte famiglie fondamentale: non solo offrono un sostegno davvero importante, permettendo ai genitori di risparmiare denaro in nidi e baby-sitter (che si sa possono essere davvero una spesa impegnativa), ma sicuramente l’affetto che li lega al nipotino è la prima fonte di tranquillità per la mamma che può lasciarlo nelle loro mani, certa che faranno sempre e solo il meglio per lui. Talvolta però non basta.
Non basta se e quando i nonni non rispettano la linea educativa dei genitori o quando in qualche modo cercano di sostituirsi a loro diventando il primo riferimento. Non basta quando non perdono occasione di criticare. Non basta se le loro intrusioni creano inutili tensioni nella coppia. Non basta se davanti alle indicazioni dei genitori continuano a fare di testa loro.
Non basta nemmeno quando mamma e papà, in virtù della gratitudine che provano nei confronti del loro impegno, non si sentono più sufficientemente liberi di decidere il meglio per sé e per il proprio bambino. Quando la tranquillità viene meno e l’autorevolezza dei genitori viene messa in discussione, probabilmente è segno che qualcosa sta andando per il verso sbagliato e che questa scelta, se possibile, va ridiscussa e ripensata.
Il ruolo dei nonni si sa, è quello di strizzare l’occhio e concedere qualcosa in più rispetto a mamma e papà, è quello del gioco, della complicità, è quel calore e quella sicurezza dati dall’esperienza e dalla maturità: è un ruolo importante, ma del tutto differente da quello dei genitori e tale deve rimanere.
La tata/babysitter: come sceglierla?
Quando la scelta dei nonni non è percorribile, si può pensare a una tata, che ha il grande vantaggio di accudire il piccolo a casa ed essere quindi lei a spostarsi. Non solo logisticamente questo rende tutto più comodo, evitando alzatacce e difficili incastri fra traffico e orario di lavoro, ma il bambino può rimanere tranquillo nell’ambiente che più gli è familiare.
La babysitter è forse la scelta che in un primo momento può destare maggiore preoccupazione: affidare il piccolo a una persona che non si conosce tante ore al giorno è un opportunità che molti genitori scartano a priori.
Con la tata è in primo luogo una questione di feeling, ma anche l’affinità è una condizione necessaria ma non sufficiente. Le referenze sono un buon punto di partenza insieme a un periodo di affiancamento da parte di un genitore, per valutare accuratamente e in tutta serenità non solo le sue capacità di accudimento, ma anche le risposte del bambino: anche la babysitter migliore al mondo sulla carta, per milioni di motivi, può rivelarsi poco adatta alla nostra famiglia o il bambino può non trovarsi particolarmente bene.
L’asilo nido: pro e contro
Ultimo, ma non per importanza, il nido. Anche per questa soluzione i pro e i contro quasi si equivalgono. Sicuramente, rispetto all’ambiente domestic,o presenta un grande vantaggio: prevede una proposta educativa e ludica, nonché spazi adatti alle esigenze dei piccoli, pensati per permettere loro di giocare, esplorare, imparare senza pericoli. Se mettere in sicurezza la casa per evitare che i piccoli esploratori corrano pericoli non è banale, il nido offre invece un ambiente a prova di bambino, spesso anche con spazi esterni attrezzati per giocare durante le belle giornate.
Tra i vantaggi, oltre all’ambiente a misura di bimbo, c’è indubbiamente la presenza di educatrici esperte che, rispetto a una babysitter, possono rendere più tranquilli i genitori.
Nella scelta dell’asilo nido molti genitori sostengono che tra le variabili considerate impatti molto la “socializzazione”. Su questo, però, i pareri degli studiosi non sono pienamente concordi.
Secondo Steve Biddulph e Richard Bowlby – il primo, psicologo e autore di numerosi libri sui temi della genitorialità e dell’educazione, il secondo figlio di John Bowlby e teorico dell’attaccamento – le condizioni che garantiscono il miglior sviluppo del bambini piccoli sono quelle che scaturiscono da una interazione costante con una figura di riferimento in una relazione “uno a uno” (evidentemente impossibile in un asilo, dove una insegnante ha in carico come minimo cinque bambini).
Sebbene infatti si tenda a credere che i piccoli, inseriti da subito in comunità, inizino a socializzare meglio, in realtà nel bambino piccolo questo bisogno non sembra essere presente. Solo alla fine del primo anno e l’inizio del secondo si nota come i piccoli si imitino tra loro, e solo dal secondo-terzo anno di vita entrano in relazione in modo reciproco, complementare e non speculare. Crescendo iniziano a condividere motivazioni e obiettivi, imparano a rispettare i turni e mettere in atto il gioco di finzione. Ma ci vuole tempo per apprezzare la compagnia di altri bambini, il gioco dei piccoli è un’attività molto spesso di intensa esplorazione, ma condotta in solitaria.
Inoltre, bisogna considerare il problema delle malattie. Purtroppo i bambini al nido si ammalano molto spesso, soprattutto il primo anno: infezioni virali a carico dell’apparato respiratorio e gastrointestinale sono purtroppo molto frequenti.
Gli ambienti chiusi in cui giocano molti bambini, scambiandosi giocattoli dopo averli tenuti in bocca, favoriscono e non poco la propagazione di virus.
In conclusione
Tirando le somme, la soluzione “ideale” sembra non esistere: ognuna ha i suoi punti di forza e di debolezza, e molto dipende dalle esigenze pratiche logistiche ed economiche della famiglia.
Qualsiasi sia la scelta, il primo distacco dal piccolo non è mai semplice, non solo per il bambino ma anche per la mamma. Dopo un periodo di “assestamento”, se ci si rende conto che la strada che si è intrapreso non è quella che fa al caso nostro nulla ci vieta di ripensarci e di cambiare percorso.
Per dare ai nostri bambini radici solide e ali per spiccare il volo, i primi ad essere sereni devono essere proprio i genitori. Ascoltare il nostro istinto e le nostre sensazioni è la prima garanzia per una buona scelta.