Tra i cinque e i sei mesi di vita inizia lo svezzamento dei neonati, con l’introduzione graduale di cibi diversi dal latte. Al di là delle diverse filosofie cui si può aderire (dallo svezzamento tradizionale, allo svezzamento naturale, all’autosvezzamento), l’approccio al cibo solido è una scoperta sia per i piccoli, sia per i genitori che ne seguono passo passo l’avvicinamento.
I primi assaggi sono qualcosa di emozionante, con i piccoli che osservano incuriositi il cucchiaino, l’afferrano tra le labbra e rimangono stupiti nel sentire una nuova consistenza in bocca.
Le reazioni di ogni bimbo ad inizio svezzamento possono essere le più diverse, con alcuni che dimostrano di apprezzare la nuova esperienza e con altri che invece rifiutano totalmente il cibo, segnalando di non essere così pronti al cambiamento.
Quando le reazioni sono due, inevitabilmente tutto si fa più laborioso, ma non necessariamente più complicato. I gemelli infatti anche in questo si condizionano e si imitano. Se almeno uno dei due dimostra curiosità per il cibo, è probabile che anche l’altro sia più invogliato all’assaggio. Il genitore si trova invece in difficoltà quando i due si influenzano negativamente, entrambi riluttanti o facili alla distrazione.
I tempi
I tempi dello svezzamento non sono uguali per tutti i neonati: i primi a dare segnali che suggeriscono quando iniziare e come muoversi in termini di quantità e consistenze sono proprio loro. Alle fondamentali indicazioni di pediatri ed esperiti in nutrizione infantile, infatti, va associata la costante osservazione dei bimbi da parte della madre. Quando al bimbo sembra non bastare più la poppata, quando i tempi di pausa tra i pasti divengono via via più brevi, quando si moltiplicano i risvegli di notte per fame e quando il bimbo mostra curiosità verso il cibo degli adulti, è il momento per dare il via al nuovo percorso alimentare.
La nostra esperienza di svezzamento con Giulia e Davide è iniziata ai loro cinque mesi e mezzo, con Giulia forse ancora poco attratta dal cibo degli adulti, ma con Davide palesemente affamato, che non trovava più nel latte il nutrimento sufficiente. I segnali di Davide, con risvegli frequenti di notte per fame e con cenni di interesse verso il cibo dei grandi, facendo quasi dei grugniti dal seggiolone vicino al tavolo durante le rapide cene di mamma e papà, ci hanno convinti della necessità di iniziare il nuovo percorso. Lui, nato più piccolo, da sempre più affamato e “torturato” dal rigurgito sin dai primissimi mesi, era decisamente pronto al semi-solido.
Per me appena abituata alla laboriosità dell’allattamento misto e appena acquisito il ritmo seno – biberon (a cinque mesi mi sentivo una “macchina da guerra” al pieno delle mie potenzialità, con quasi tutto sotto controllo, finalmente…) introdurre anche il nuovo compito della preparazione pappe avrebbe richiesto un briciolo di pazienza in più e uno sforzo organizzativo non da poco.
Impensabile per me sfalsare i tempi di inizio svezzamento per Giulia e Davide: di qui la decisione di partire con entrambi e di graduare l’introduzione del cibo in modo da dare ad entrambi il tempo per apprezzare e capire la nuova esperienza.
Il momento della pappa
Armata di piattino e di cucchiaino, ho iniziato così a far fare assaggi prima, a dare piatti da campione dopo qualche settimana. Nella mia esperienza, l’utilizzo di un solo piattino a scomparti e di un solo cucchiaino si è rivelata pratica di successo, consentendomi di mantenere il controllo sulle quantità consumate da ognuno e di gestire in tempi relativamente brevi il pasto, senza rischiare di innervosire o annoiare i bimbi.
Sdraiette l’una di fronte all’altra o seggioloni pappa affiancati, con i bimbi comunque sempre assolutamente vicini, per trascinare positivamente Giulia e sincronizzando i tempi per ottimizzare la routine giornaliera.
Nel complesso, lo svezzamento di Giulia e Davide è stato decisamente gratificante: Davide si è rivelato sempre ben disposto a sperimentare, inghiottendo veloce gli assaggi e pronto a reclamare subito il cucchiaino successivo. Giulia, decisamente più diffidente verso il nuovo, ha sempre tentennato difronte a qualsiasi novità messa nel piattino, guardando il fratello posizionato di fronte o vicino, aprendo la bocca per imitazione, ma rimanendo spesso tra l’insoddisfatto e il contrariato.
Sia io che mi marito siamo convinti che se Giulia fosse stata sola, avremmo dovuto armarci di molta più pazienza e che probabilmente avremmo impiegato più tempo nel somministrare la pappa solo a lei rispetto al tempo impiegato con entrambi i bimbi. L’esempio del gemello, invece, ne ha fatto una piccola ghiottona, sempre un po’ più lenta e sempre un po’ più facile alla distrazione rispetto a Davide, ma comunque ben disposta al cibo.
Difficoltà e soluzioni
Nello svezzamento non esiste un percorso standard da seguire alla cieca: i bimbi possono richiedere tempi diversi e possono avere preferenze difformi, le mamme possono aderire a filosofie diverse e a pratiche differenti. Come nell’allattamento, ogni mamma studia la propria routine sulla base delle reazioni dei figli ed impara con loro a riavvicinarsi al mondo del cibo.
Al di là del momento stesso del pranzo, una mamma si trova infatti a dover fare i conti con tutto ciò che sta dietro alla somministrazione delle pappe vera e propria: dal leggere, informarsi, capire cosa è giusto per i propri figli, al concordare una dieta con il pediatra, al gestire le questioni più pratiche di lava-cucina-trita.
Tutto moltiplicato per due… e con tutto pensato per uno, dagli schemi alimentari che normalmente vengono suggeriti, agli strumenti che il mercato offre, con i cuoci-pappa sempre troppo piccoli perché pensati per il neonato singolo. Così si impara a ingegnarsi, sovraccaricando il cuoci-pappa o imbastendo pentoloni di verdure che gorgogliano di sera quando i bimbi dormono e iniziando uno svezzamento di famiglia, con tutti estremamente più attenti alla qualità del cibo e alla salubrità delle cotture.
Si impara a conoscere i gusti dei piccoli e a variare leggermente i menù, riservando qualche cucchiaino in più di verdura per il bimbo che mostra di gradirla di più e qualche cucchiaino di cereale in più per l’altro meno propenso, o, più in là nel tempo, riservando qualche pezzettone per il bimbo a cui piace sentire in bocca il solido ed evitandoli per quello che ama invece la soluzione più frullata. Tutto per mediare tra il desiderio di assecondare i figli nelle loro prime esperienze con il cibo, la necessità di garantire i giusti nutrimenti e l’esigenza pratica di limitare il numero di pentolini sporchi sul piano cucina…
A piccoli passi, i bimbi ti insegnano cosa preferiscono e cominciano a dartene prova sondando con le manine il cibo, tirandolo fuori dalla bocca talvolta, sputacchiandolo in giro… anche in questo la sorpresa è doppia… con pavimenti appiccicosi e bavaglini impiastricciati, ma anche con quei due grandi sorrisoni che sanno incantarti e farti dimenticare la fatica che sta dietro tutto questo.
La gratificazione che si prova nel vederli crescere e nel vederli approcciarsi al nuovo, regala forza ogni giorno e se serve, ben vengano anche le impronte di manine ovunque, magliette di mamme comprese: è il marchio tangibile che ci distingue quando ci si incrocia a passeggio e che ci rende subito capaci di comprenderci e di unirci. E avere impronte di più manine di dimensioni simili, ma non uguali, ci rende ancor più fiere. Dunque buone pappe a tutte voi, mamme e ai vostri gemellini!