“Non s’era mai vista una creatura più allegra di lui. Tutto ciò che vedeva intorno lo interessava e lo animava gioiosamente. Mirava esilarato i fili della pioggia fuori della finestra, come fossero coriandoli e stelle filanti multicolori. E se, come accade, la luce solare, arrivando indiretta al soffitto, vi portava, riflesso in ombre, il movimento mattiniero della strada, lui ci si appassionava senza stancarsene: come assistesse a uno spettacolo straordinario di giocolieri cinesi che si dava apposta per lui. Si sarebbe detto, invero, alle sue risa, al continuo illuminarsi della sua faccetta, che lui non vedeva le cose ristrette dentro i loro aspetti usuali; ma quali immagini multiple di altre cose varianti all’infinito. Altrimenti non si spiegava come mai la scena miserabile, monotona, che la casa gli offriva ogni giorno, potesse rendergli un divertimento così cangiante, e inesauribile”.
Tratto da “La Storia” di Elsa Morante
Si tratterebbe di un periodo che va dal 18 mesi ai 3 anni e i genitori che attraversano questa delicata fase di crescita riportano racconti con molti denominatori comuni come cambi di umore repentini, crisi di rabbia e di pianto, ostinazione improvvisa, forte e impellente desiderio di indipendenza e via di seguito.
Anche chi scrive, a onor del vero, fa parte della schiera di mamme con un bambino in quella fascia di età e ci è dentro con tutte e due le scarpe. Personalmente, prima che anche mio figlio attraversasse questa fase, i racconti sui famosi “Terribili due” li avevo presi con un po’ di leggerezza, mi sembrava strano che quel neonato così dolce potesse diventare tutto d’un tratto tanto ostinato.
Ovviamente va specificato che l’intensità e le modalità con cui il bambino attraversa questo momento variano da carattere a carattere, ma molto dipende anche da noi, dalla nostra capacità non solo di gestire le situazioni, ma di andare oltre e di comprendere qual è il messaggio che il bambino sta cercando a modo suo di inviarci in quel momento.
A volte l’errore più comune è derubricare i tentativi del piccolo di fare valere la sua volontà come “capricci”. In poche parole, tutto ciò che non procede secondo i nostri piani, a tutti i comportamenti o gran parte di essi che disattendono le nostre aspettative spesso apponiamo ingiustamente l’etichetta di “capriccio”.
Certo non è facile da un giorno all’altro, perché è così che avviene, osservare il proprio bambino, vederlo “cambiato” e domandarsi dove sia finito quel neonato tranquillo e sorridente: la buona notizia è che è una fase e come tale è uno stato transitorio della crescita. Certamente per i genitori, inutile negarlo, è un passaggio abbastanza faticoso.
Ma nel dettaglio quali sono gli atteggiamenti che possono farci capire che il bambino è entrato nei “Terribili due”?
1) NO! NO! NO!
A un certo punto noterete probabilmente che la maggior parte delle attività che proponevate al bambino e che prima “filavano (più o meno) lisce” ora tanto lisce non filano più.
Tanto per cominciare, il bambino vuole fare da solo e vuole fare a modo suo: vi chiederà di sperimentare, di toccare con mano. Vorrà essere sempre più protagonista e meno spettatore. Sarà curioso di osservare gli oggetti, di toccarli, di aprire, chiudere. Mai come in questo momento la sicurezza della casa deve essere una priorità massima.
Ma la nota dolente arriva adesso. Quando proverete a impedirgli di fare qualcosa che metterebbe a repentaglio la sua incolumità o proverete a sottrargli un oggetto dalle mani, si opporrà con ogni fibra del suo animo.
Pianti disperati, urla e crisi di rabbia che culminano con lancio di oggetti possono diventare episodi più frequenti di quanto si possa pensare.
Il pediatra Massimo Bernardi nel libro “Il Nuovo Bambino” definisce “crisi di comportamento” questi momenti che si manifestano “col dire di no a tutto e con la resistenza ad oltranza, contro tutto e tutti, si direbbe per partito preso.
Dopo i diciotto mesi ma specialmente fra i due e i tre anni, sembra che il bambino sia in opposizione col mondo intero. Contraddice sempre e tutti, persino se stesso. Dice di voler fare una cosa, ma se lo invitate rifiuta immediatamente e recisamente. Si infuria contro chiunque osi intervenire nei fatti suoi. Pianta scenate terribili per qualsiasi piccolezza; ogni tentativo di influire su di lui per indurlo ad agire in un certo modo suscita tempeste di collera apocalittiche. Si ha la netta sensazione che egli rifiuti per principio ogni suggerimento, ogni indicazione, ogni proposta; e che sempre per principio, intenda far tutto a modo suo, stando bene attento però che questo modo non vada d’accordo coi desideri degli altri. E le cose stanno realmente così. In questo periodo il bambino è talmente impegnato ad affermare se stesso, la propria personalità, la propria volontà e la propria indipendenza che guarda gli altri come a dei disturbatori contro i quali bisogna in ogni caso mettere in atto la più strenua e fiera resistenza, qualsiasi cosa dicano o facciano”.
2) Ricerca di indipendenza
Vi ricordate quando il cambio del pannolino, del bagnetto o della pappa erano momenti di risate, coccole e condivisione?
Ora in molti casi, questo potrebbe sembrare un ricordo lontano e sbiadito. Ora il bambino rifiuta sempre di più di sentirsi “gestito” e guidato in ogni situazione.
Se ad esempio è impegnato in qualcosa che cattura la sua attenzione e non ha voglia di essere cambiato o di mangiare, o stava giocando al parco e si è fatta l’ora di avviarsi a casa, state certi che non ve lo manderà a dire: sembra voler in ogni momento affermare che la sua opinione ora ha un peso diverso e farà in modo che venga presa in considerazione. Prima di pensare di fargli fare qualcosa, ora va interpellato.
3) Cambi di umore e pianti improvvisi
Durante questa fase di crescita i bambini fanno una nuova e importante scoperta: le emozioni in tutte le sfumature.
Può capitare che basti qualcosa a cui il genitore presta poca attenzione per scatenare reazioni molto intense. I piccoli non sono ancora in grado di gestire le emozioni e devono ancora apprendere come “modularle”: per questo motivo agli occhi dell’adulto certe reazioni possono risultare “eccessive”, soprattutto se sono le prime volte in cui il bambino si comporta in quel modo. In realtà, ovviamente la nostra scala di valori, di importanza e priorità non è la sua, quindi può capitare di sottovalutare in buona fede quanto qualcosa in quel momento sia per lui importante.
4) Rabbia e atteggiamenti aggressivi
Sulla rabbia Bernardi riporta un esempio di una situazione abbastanza comune: “Il bambino vuole un palloncino. La mamma cerca di spiegargli che non è possibile averlo perché lì intorno non c’è nessuno che ne venda, il bambino dichiara che lo vuole ugualmente e la mamma non sa che pesci pigliare. Il bambino esplode in una tempestosa crisi di furore con urla agghiaccianti: si tratta di una sequenza che di solito atterrisce i genitori ma che vuol dire semplicemente che il bambino cerca di rafforzare la propria personalità dominando l’ambiente, senza rendersi conto che certe realtà non possono essere modificate dalla volontà umana”.
Come gestire quindi queste crisi di rabbia improvvisa? Su questo il pediatra ha un’opinione molto chiara: “Uno degli errori più comuni in questo campo è voler ragionare su tutto, voler convincere il bambino a fare una cosa perché è ragionevole farla, lo spiegargli che il dottore va trattato con riguardoso affetto perché fa passare la bua, affogare il bimbo tra spiegazioni, vezzeggiamenti, adulazioni. Qui si impongono due osservazioni: non tutto quello che è ragionevole per noi lo è anche per lui, anzi di solito non lo è per nulla; secondo il bambino non è uno stupido e si accorge benissimo che certe forme di corteggiamento dell’adulto nascondono una macchinazione intesa a fargli accettare qualcosa che lui non accetterebbe. La reazione del piccolo sarà dunque un rifiuto categorico e sistematico.
Un secondo tipo di politica che può avviare il piccino sulla strada della resistenza e della ribellione è quello della rigidezza, della disciplina ferrea, dell’ordine imposto attraverso regole inflessibili. Se il bambino si sente dire continuamente no a tutto, se viene sepolto sotto torrenti di proibizioni, di imposizioni, di ostacoli alle sue attività egli non potrà che difendersi rifiutando tutto in blocco e d’abitudine.
In conclusione, la mancanza di ragionevolezza è altrettanto sbagliata della troppa ragionevolezza: il bambino non comprende, giustamente, né una né l’altra. Perché lo accetti il mondo deve essere ragionevole e logico per lui. Non basta che lo sia per noi”.
Non è facile rimanere sempre calmi e sereni e spesso anche un genitore può sentirsi stanco, sfiduciato e sopraffatto da giornate intere trascorse a provare a “mediare”. Tuttavia sappiamo bene di essere la loro guida attraverso il mondo e come guida abbiamo il duro compito di rimanere equilibrati e sereni.
Empatia, ascolto, attenzione, pazienza e capacità di mediazione sono gli ingredienti chiave per riuscire a gestire queste situazioni perchè ora più che mai il nostro bambino ha bisogno di questo.
Osservata da un altro punto di vista questa è una fase meravigliosa ed entusiasmante: quella piccola vita che pochi mesi prima stringevamo tutto giorno tra le braccia, che abbiamo rassicurato, nutrito, coccolato e amato alla follia, ora si sente pronta ad esplorare il mondo, ha acquisito la giusta fiducia in se stesso per contraddirci, si sente pronto per le sue piccole grandi esplorazioni. La sua sicurezza, la sua intraprendenza, il suo amore per la vita che si traduce nella curiosità verso tutte le cose è anche in parte merito nostro. La rabbia non è che la frustrazione di non riuscire ad esplorare ancora il mondo come desidera, come quella di un piccolo Ulisse che si sente tarpare le ali. E giustamente si fa sentire.
Ci sono anche io…
E se fosse il bambino stesso a descrivere come si sente? Sul web circola un testo in inglese di un autore sconosciuto in cui si da voce a un bimbo di 2 anni.
Leggerlo aiuta a comprendere qual è il suo vissuto, quali pensieri attraversano la mente e il cuore di un bambino che prova solo a dire a mamma e papà: “Ci sono anche io!”.
“Ho 2 anni.
Oggi mi sono svegliato e volevo vestirmi da solo, ma mi hanno detto: “No, non abbiamo tempo, lascia fare a me!”
Mi ha reso triste.
Volevo mangiare da solo per la colazione, ma mi hanno detto: “No, metti troppo disordine, lascia fare a me!”
Mi ha frustrato.
Volevo camminare fino alla macchina e salire da solo, ma mi hanno detto: “No, dobbiamo andare lì, vieni tra le mie braccia”.
Mi ha fatto piangere.
Più tardi ho voluto giocare con i blocchi ma mi hanno detto “No, non così! Cosi ‘…” ho deciso che non volevo più giocare con i blocchi. Volevo giocare con una bambola che qualcun altro aveva, così l’ho presa, mi hanno detto: “No, non farlo, devi condividere”.
Non sono sicuro di quello che ho fatto, ma mi ha reso triste. Così ho pianto. Volevo un abbraccio, ma mi hanno detto: “Smettila di piangere, va tutto bene, va tutto bene, vai a giocare”.
Mi dicono che è il momento di riordinare, lo so perché qualcuno continua a dire: “Metti via i giocattoli!”
Non so come fare, aspetto che qualcuno mi mostri… “Che stai facendo? Perché stai lì impalato? Raccogli i tuoi giocattoli!…”
Non avevo il diritto di vestirmi da solo per andare dove dovevo andare, ma ora mi chiedono di raccogliere e riordinare cose…
Non sono sicuro di cosa fare. Qualcuno potrebbe mostrarmi come farlo? Da dove cominciare? Dove mettere queste cose? Sento molte parole, ma non capisco quello che mi viene chiesto. Ho paura e non mi muovo.
Mi stendo per terra e piango.
Al momento del pranzo volevo prendere il tempo di usare le posate, il bicchiere, l’asciugamano, ma mi hanno pulito la bocca, “Bevi questo!…Lascia fare a me, sei troppo piccolo”.
Mi ha fatto sentire piccolo.
Ho provato a mangiare il cibo davanti a me, ma non ho fatto bene. “Sbrigati a finire!”.
Mi ha fatto venire voglia di gettare via le cose e piangere.
Non posso scendere dal tavolo perché nessuno mi lascia… perché sono troppo piccolo e non ci riesco.
Ho fame e sono frustrato e triste.
Sono stanco e ho bisogno di qualcuno che mi consoli.
Non mi sento al sicuro o sotto controllo.
Questo mi spaventa. Piango ancora di più.
Nessuno tiene conto di quello che provo. Mi parlano di capricci ma le cose che provo dentro sono più forti di me!
Tuttavia dovrei sapere come “condividere”, “ascoltare” o “aspettare un minuto”?
Dovrei sapere cosa dire e come comportarmi o gestire le mie emozioni. Ci si aspetta che io stia seduto tranquillamente o sappia che se lancio qualcosa si romperà… ma non conosco queste cose.
Non sono autorizzato ad esercitare le mie abilità di camminare, spingere, tirare, abbottonarsi, versare, servire, arrampicarsi, correre, lanciare o fare cose che potrei fare, che il mio corpo ha voglia di provare.
Le cose che mi interessano e mi rendono curioso, sono le cose che non sono autorizzato a fare!
Non sono così terribile…
Sono frustrato. Sono nervoso, stressato, sopraffatto e confuso. Ho spesso bisogno di un abbraccio.
Ho 2 anni, 2 anni e mezzo, 3 anni…
Ascoltami e impara a crescere.”