Esiste l’opinione generalmente diffusa che dopo un aborto sia più facile rimanere incinta. Tuttavia è altrettanto diffusa la convinzione che, dopo un’interruzione spontanea della gravidanza, vi sia un rischio leggermente maggiore di incorrere in un secondo aborto. Qual è la verità? E soprattutto, quanto bisognerebbe aspettare per riprovare ad avere un figlio?
La risposta naturalmente può variare a seconda della singola situazione. Chi scrive, ad esempio, diverso tempo fa ha subito due raschiamenti per aborti interni e ha sempre ricevuto l’indicazione attendere almeno 3 mesi (3 cicli mestruali) per poi riprovare.
In questo articolo, però, cercheremo di dare una risposta a queste domande con l’aiuto degli studi che la letteratura scientifica mette a nostra disposizione.
Indice
Quanto aspettare per una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo?
Quando si sperimenta un’interruzione spontanea della gravidanza, è naturale chiedersi se vi sia un tempo di attesa consigliato prima di ritentare, non solo per un pieno recupero fisico ed emotivo, ma anche dal punto di vista delle possibilità di successo. Ricominciare subito la ricerca migliora le probabilità di gravidanza? Oppure è meglio aspettare qualche mese? La risposta a queste domande assume un valore ancora più importante per le donne che hanno superato i 35 anni, dopo i quali la fertilità tende purtroppo a diminuire.
Ad oggi, se l’aborto è avvenuto nel 1° trimestre e salvo diverse indicazioni del medico, si consiglia di attendere almeno 4-6 settimane (ossia l’arrivo del primo ciclo). Da un punto di vista fisiologico, infatti, questo è il tempo che occorre perché venga espulso tutto l’endometrio (il rivestimento interno dell’utero) e le ovaie tornino a ovulare.
Se invece l’aborto è avvenuto nel 2° trimestre o la donna ha già avuto una precedente interruzione spontanea della gravidanza, solitamente è necessaria un’attesa più lunga. Gli aborti tardivi o ripetuti, infatti, sono eventi che generalmente richiedono di essere approfonditi, per capire meglio le ragioni dell’interruzione della gravidanza ed evitare che possa ripetersi.
Tuttavia, ogni situazione è diversa e sarà quindi opportuno affidarsi al medico per capire se e quanto è meglio aspettare prima di riprendere la ricerca.
Prima è meglio è?
Rispondere a questa domanda è più difficile, dal momento che non esiste un consenso ufficiale da parte della comunità medica sulle tempistiche da rispettare per aumentare le probabilità di successo della gravidanza.
Il periodo di attesa più lungo è quello raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che suggerisce di aspettare 6 mesi prima di tentare di concepire di nuovo dopo un’interruzione spontanea o volontaria della gravidanza, per ridurre il rischio di un ulteriore aborto.
Tuttavia, uno studio del 2017 dell’Università di Aberdeen (in Scozia), che ha analizzato gli esiti di gravidanza di oltre un milione di donne rimaste incinte dopo almeno un aborto spontaneo, ha evidenziato che un’attesa inferiore a 6 mesi non pregiudica in alcun modo l’esito della gravidanza successiva.
In aggiunta, la scelta di non aspettare troppo sembra supportata anche da uno studio del 2016 condotto dal National Institutes of Health degli Stati Uniti e pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Obstetrics & Gynecology.
Dai risultati di questa ricerca emerge infatti che, rispetto alle donne che aspettano fino a 3 mesi per cercare una nuova gravidanza, le donne che tentano di concepire un bambino entro i primi 3 mesi dopo un aborto spontaneo (entro le 20 settimane di gravidanza):
- impiegano lo stesso tempo – se non addirittura meno – a rimanere incinte;
- non hanno un maggior rischio di aborto spontaneo o altre complicazioni durante la gravidanza.
Lo stesso studio ha evidenziato che aspettare più di un anno dall’interruzione riduce significativamente la probabilità di gravidanza.
Questo aspetto però non stupisce dal momento che la fertilità femminile tende a diminuire con l’età e in particolar modo dopo i 35 anni.
Quando è meglio aspettare?
Naturalmente i fattori psicologici ed emotivi sono imprescindibili. Se la coppia non si sente pronta a ritentare subito, è fondamentale che rispetti i propri tempi.
Esistono però anche motivi medici per cui viene generalmente raccomandato di aspettare a rimanere incinta dopo un aborto.
La donna, ad esempio, potrebbe soffrire di particolari condizioni che devono essere trattate prima di riprendere la ricerca, come:
- alterazioni del sistema immunitario
- insufficienza cervicale
- sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)
- disturbi della tiroide
- diabete non controllato
- malformazioni uterine
- complicazioni post-raschiamento
In altri casi, l’aborto potrebbe aver causato una significativa perdita di sangue e pertanto il medico potrebbe raccomandare di attendere perché il fisico torni in forze e si ripristinino le normali riserve di ferro.
Sono incinta: qual è il rischio che l’aborto si ripeta?
Un’importante premessa
Prima di rispondere a questa domanda, è fondamentale sottolineare che l’aborto occasionale è molto più comune di quanto si pensi. Secondo gli studi, infatti, circa il 15% delle gravidanze riconosciute clinicamente si conclude con un aborto spontaneo, senza contare i casi in cui la perdita dell’embrione avviene molto precocemente, quando la gravidanza non è ancora stata clinicamente riconosciuta (gravidanza biochimica).
Le cause sono per la maggior parte riconducibili ad anomalie cromosomiche incompatibili con lo sviluppo del feto e il rischio si riduce notevolmente dopo il 1° trimestre.
Questa premessa è d’obbligo per comprendere che l’aborto spontaneo non dovrebbe essere vissuto come una colpa: si tratta infatti di un evento piuttosto frequente e dovuto a cause “naturali”, su cui la donna non ha alcun controllo.
Rischio di un secondo aborto
Gli studi ci dicono che solo l’1% delle coppie in età fertile va incontro a un aborto ripetuto (ossia un secondo aborto consecutivo entro la 20° settimana).
Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, l’aborto spontaneo è un evento sporadico che non si ripete.
Diversa invece è la situazione se gli aborti sono più di due. In questo caso, infatti, il rischio di un ulteriore interruzione spontanea della gravidanza aumenta: spesso, infatti, alla base di questo problema vi sono cause specifiche che è fondamentale indagare, come:
- patologie genetiche della coppia
- malformazioni uterine
- patologie materne (ad es. infezioni del tratto genitale, esposizione a farmaci o tossine, disturbi endocrini e trombofilie).
che rappresentano le principali cause di poliabortività.
In conclusione, che fare?
Sostanzialmente, la decisione di quando riprovare ad avere un figlio è molto personale.
Anche se non ci sono motivi medici per ritardare i tentativi di gravidanza dopo un aborto spontaneo, le coppie potrebbero comunque aver bisogno di tempo per guarire emotivamente.
Il punto fondamentale è che la donna si senta psicologicamente e fisicamente pronta. Le mamme (e lo sottolineiamo, mamme) che hanno subito un aborto spontaneo vivono un vero e proprio lutto e dovrebbero ricevere un adeguato supporto.
Se però entrambi i componenti della coppia si sentono pronti e non esistono motivi medici per attendere, i risultati degli studi disponibili suggeriscono che è più facile rimanere incinte entro 1 anno dall’aborto spontaneo e che la ricerca può essere iniziata a partire dalla comparsa del primo ciclo senza per questo incorrere in un maggior rischio di aborto ripetuto o altre complicazioni della gravidanza.
Fonti
- United States Agency for International Development, HTSP 101: Everything you want to know about healthy timing and spacing of pregnancy, 2010.
- World Health Organization, Clinical practice handbook for safe abortion, 2014.
- Kangatharan C, Labram S, Bhattacharya S. Interpregnancy interval following miscarriage and adverse pregnancy outcomes: Systematic review and meta-analysis. Hum Reprod Update. 2017;23(2):221-231. doi:10.1093/humupd/dmw043
- Schliep KC, Mitchell EM, Mumford SL, Radin RG, Zarek SM, Sjaarda L, Schisterman EF. Trying to Conceive After an Early Pregnancy Loss: An Assessment on How Long Couples Should Wait. Obstet Gynecol. 2016 Feb;127(2):204-12. doi: 10.1097/AOG.0000000000001159. PMID: 26942344; PMCID: PMC4780347.