L’amniocentesi: cos’è, quando farla e quali i sono rischi

A cosa serve l'amniocentesi e quando farla? È una procedura rischiosa o dolorosa? Dove è meglio eseguirla e quanto costa? Te lo spieghiamo in questo articolo.

L’amniocentesi è un test di diagnosi prenatale, che serve a identificare la presenza di eventuali patologie o malformazioni fetali di origine cromosomica o genetica.

Solitamente, questa indagine invasiva viene eseguita dopo che i test di screening (come la translucenza nucale, il Bitest o il test del DNA fetale) hanno segnalato un aumentato rischio di anomalie cromosomiche del feto.

Come si svolge e quanto dura

L’amniocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico dalla cavità uterina e viene effettuata inserendo un ago attraverso la parete addominale, sotto diretto controllo ecografico. Il campione viene quindi inviato a un laboratorio specializzato, che isola le cellule fetali presenti nel liquido e le analizza per rilevare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche o genetiche.

Il prelievo dura qualche minuto, mentre l’intera procedura (compresa la preparazione) dura circa 20-30 minuti in tutto. I risultati sono disponibili nell’arco di 2-3 settimane.

L’amniocentesi deve essere preceduta da alcuni esami, per verificare la compatibilità tra il sangue materno e quello fetale (che potrebbero entrare in contatto durante la procedura):

  • gruppo sanguigno e fattore Rh della madre e, se lei risulta Rh negativo, anche del padre.
  • test di Coombs indiretto (se la mamma è RH negativo e il papà RH positivo)

In caso di incompatibilità Rh, dopo l’amniocentesi verrà eseguita un’iniezione di immunoglobuline anti Rh+ (detta profilassi anti-D) per evitare la formazione di anticorpi materni diretti contro i globuli rossi del bambino, che sarebbero dannosi se il bambino dovesse essere Rh negativo.

L’amniocentesi è dolorosa?

Anche se si tratta di un esame invasivo, la procedura non è dolorosa e per questo viene solitamente eseguita senza anestesia. Dopo il prelievo, è possibile avvertire un po’ di fastidio, simile a quello associato alle mestruazioni. In ogni caso, dopo questo test, è bene restare a riposo per il resto della giornata, evitando rapporti sessuali e sforzi fisici per le successive 24-48 ore.

In presenza di febbre, forti crampi addominali o abbondanti perdite di sangue o di liquido amniotico, è fondamentale contattare immediatamente il ginecologo di fiducia o meglio ancora recarsi al pronto soccorso.

Amniocentesi: quando eseguirla e che informazioni fornisce

Il prelievo può essere effettuato in due diversi momenti della gravidanza:

  • tra la 16esima e la 18esima settimana (amniocentesi precoce)
  • dopo la 25esima settimana (amniocentesi tardiva)

L’amniocentesi precoce è la più diffusa ed eseguita, e permette di individuare:

  • le anomalie cromosomiche, come la trisomia 21 (sindrome di Down), la trisomia 18 (sindrome di Edwards, la trisomia 13 (sindrome di Patau) e le alterazioni dei cromosomi sessuali (come ad esempio la sindrome di Turner);
  • numerose malattie genetiche, come la talassemia, l’emofilia o la fibrosi cistica. La ricerca di queste patologie, tuttavia, non viene effettuata automaticamente, ma solo su richiesta del ginecologo in presenza di specifici fattori di rischio;
  • alcune malattie metaboliche;
  • i difetti del tubo neurale, che sono responsabili di malformazioni del cranio e del cervello (come ad esempio la spina bifida).

L’amniocentesi tardiva, invece, ha altri obiettivi diagnostici e serve a valutare, ad esempio, la maturità e lo sviluppo polmonare del bambino (nel caso sia necessario farlo nascere prima) o la presenza di eventuali infezioni del liquido amniotico. Questa procedura, tuttavia, attualmente non è più utilizzata.

Per quanto riguarda l’attendibilità, l’amniocentesi ha un’accuratezza di circa il 99,4%.

In quali casi è consigliata l’amniocentesi?

Questo esame è raccomandato in presenza di un aumentato rischio di anomalie congenite e in particolare se:

  • i test di screening, come il Bitest o il test del DNA fetale, hanno evidenziato un elevato rischio di alterazioni cromosomiche, come ad esempio la sindrome di Down;
  • l’ecografia del primo trimestre ha riscontrato la possibile presenza di malformazioni;
  • la futura mamma ha già un figlio affetto da un’anomalia cromosomica;
  • i genitori sono portatori di alterazioni cromosomiche o malattie genetiche.

L’amniocentesi è pericolosa per mamma e bambino?

Trattandosi di una procedura invasiva, l’amniocentesi può causare l’insorgenza di complicazioni e, in particolare, è associata a un rischio di rottura delle membrane e di aborto pari all’1% (leggermente inferiore alla villocentesi). Altre complicazioni estremamente rare possono essere infezioni e parto prematuro.

Come per la villocentesi, i rischi sono strettamente correlati alla capacità e all’esperienza di chi esegue la procedura: il consiglio, pertanto, è quello di rivolgersi a operatori e strutture che eseguano un elevato numero di amniocentesi ogni anno (come ad esempio un centro ospedaliero di terzo livello).

Quanto costa l’amniocentesi?

Nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, l’amniocentesi è offerta gratuitamente a tutte le future mamme che presentano un rischio aumentato di anomalie fetali (per storia familiare o test di diagnosi prenatale e/o infettivologici eseguiti in precedenza).

In alternativa, l’amniocentesi può essere effettuata privatamente aun costo compreso tra i 500 e i 700 euro.

Fonti