Il “DIARIO DI UNA PANCIA” di Burabacio è un diario di 100 pagine dove annotare i momenti più importanti della tua GRAVIDANZA, da quando hai scoperto di essere incinta fino al parto!
Pagina dopo pagina, potrai scrivere, disegnare, incollare ricordi, prendere appunti. Potrai scrivere quello che vorresti dire all’inquilino della pancia, segnare il Consiglio Non Richiesto di giornata, annotare cosa piace alla pancia. Potrai incollare altri ricordi come le prime ecografie, raccontare la prima volta che hai sentito il battito del cuore, la prima volta che l’hai sentito muoversi.
Pagina dopo pagina, potrai scrivere, disegnare, incollare ricordi, prendere appunti. Potrai scrivere quello che vorresti dire all’inquilino della pancia, segnare il Consiglio Non Richiesto di giornata, annotare cosa piace alla pancia. Potrai incollare altri ricordi come le prime ecografie, raccontare la prima volta che hai sentito il battito del cuore, la prima volta che l’hai sentito muoversi.
Dove si può acquistare?
Si può acquistare il Diario di una Pancia su Etsy
Oppure sullo shop Burobottega.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice del Diario di una Pancia, Sabrina Ferrero alias Burabacio, conosciutissima nel modo delle illustrazioni,dell’editoria e anche in quello artistico, perchè di una vera e propria artista si tratta.
Sabrina non è solo imprenditrice ma anche una mamma di due piccole gemelle. Come si può conciliare tutte queste cose?
Come sei diventata la Burabacio che tutti conosciamo? Da dove arriva il nome che hai scelto?
Sono diventata Burabacio quasi 6 anni fa. Ero in un momento di grande cambiamento di vita e in tutto quel marasma mi ero aggrappata al disegno come ci si aggrappa a un’ancora di salvezza. Disegnare era una cosa che avevo abbandonato da diversi anni, facevo la grafica in uno studio di comunicazione e non avevo la motivazione necessaria che serve per disegnare. Iniziai a disegnare fumetti brevi e alcuni amici mi dissero: crea una pagina Facebook. Così mi trovai a scegliere un nome e il mio, Sabrina Ferrero, non mi sembrava molto d’impatto. Pensai subito a Burabacio che è una parola del dialetto piemontese che vuol dire scarabocchio ma anche pupazzetto. Per me era anche un ricordo perché mia nonna materna me lo diceva spesso vedendomi disegnare. C’è dentro la parola Bacio, suona bene e ha un grande valore affettivo, non ci ho pensato due volte e ho creato la pagina burabacio. Il resto è venuto da se disegnando come una matta, sempre, tantissimo, era una necessità mia di raccontare per immagini. Disegnavo quel che mi capitava o quel che mi colpiva. Dopo qualche anno ho ricevuto le prime proposte di lavoro come illustratrice da persone che per un motivo o per l’altro si erano imbattuti nel blog e nella pagina Facebook fino al primo libro con Electa “La mia Milano” scritto da Martina Fuga e Lidia Labianca, ed eccomi qui!
Sei da pochi mesi mamma di due gemelle. Come è cambiato (se è cambiato ) il tuo lavoro dopo la maternità?
Sono diventata mamma di Demetra e Leda il 4 di giugno, fino al giorno prima stavo disegnando delle illustrazioni per un libro che sarebbe andato in stampa nell’estate, il giorno dopo stavo partorendo. Le signorinelle hanno deciso di farci visita con un mese e mezzo di anticipo così avevo ancora 25 illustrazioni da terminare. Appena dimesse ho ripreso a fare un disegno al giorno, con la comprensione della casa editrice che non mi ha fatto pressione. Sicuramente è cambiato il mio modo di lavorare e i momenti della giornata in cui lo faccio: molte volte lavoro la sera oppure mentre le bimbe dormono. Non voglio perdermi troppo dei loro primi mesi, è così bello vederle crescere. Poi essendo due è una meraviglia raddoppiata. La cosa che è cambiata davvero è che ora, se ho qualche problema con il lavoro, sono arrabbiata, scontenta o preoccupata non vado più a letto triste, mi basta guardare i loro sorrisi sdentati e mi passa tutto. Sono la mia medicina. Continuare a lavorare subito dopo la loro nascita è stato difficile e molto stancante ma in qualche modo è stato utile per tenere la mente ferma su qualcosa e non farmi travolgere dall’uragano gemellare. Non so bene come spiegarlo però credo che mi abbia fatto bene. Tante volte una donna appena diventa mamma vede tutto cambiare e, specie se è il primo figlio, ha paura di non fare bene, di non essere capace. Improvvisamente è catapultata, insieme al papà, in un’avventura totalmente nuova. Conservare qualcosa che sai fare e che ti conferma che ancora sai farlo, fa bene. Prima lavoravo con la carrozzina accanto, ora spesso lavoro con loro vicino sul tappetone, fortunatamente sono una persona che si adatta bene al caos così disegno con Leda in braccio, mi interrompo per giocare con Demetra e una giraffa, faccio una telefonata e poi c’è la pausa latte, con un piede faccio rotolare una e con una mano uso la tavoletta grafica. Poi abbiamo un papà molto presente e questo fa la differenza.
Perché una mamma non dovrebbe mai rinunciare a tenere un diario durante la gravidanza?
Perché la gravidanza è un momento unico in cui ti viene in mente di tutto e ti capita di tutto: dalla vicina di casa alla commessa dell’alimentari che ti deliziano con racconti splatter, dal signore anziano che ti racconta singolari metodi educativi, alla neo mamma desiderosa di raccontarti il suo parto. E poi tutte le previsioni: è maschio la pancia è alta! Hai la faccia gonfia è femmina! Hai il naso gonfio, tra poco partorisci. Per esorcizzare tutte queste cose un diario è perfetto: scrivere il consiglio non richiesto e assegnare dei premi horror parto è un modo per riderci su. Una neo mamma mi ha scritto per dirmi che il suo diario lo portava sempre al corso pre parto per far ridere le compagne d’avventura. Ma la cosa per cui vale realmente la pena di tenere un diario è per poterlo leggere fra 10 anni con i nostri bimbi e bimbe e i nostri mariti o compagni. Immaginatevi a rivedere le prime ecografie, i vostri commenti, quel che scrivevate all’inquilino della pancia, le foto e i disegni di pancia, rileggere le prime parole dette dopo il test di gravidanza, rivedere il contenuto della valigia del parto in compagnia di tutta la famiglia!
Qual è stato il peggior consiglio non richiesto ricevuto?
Il peggior consiglio mi fu dato da un uomo sul parto (e già qui si inizia male). Secondo lui avrei dovuto richiedere un cesareo a tutti i costi perché sua moglie con il parto naturale si era ripresa dopo un mese e non era più tornata “come prima”. Ma non si limitò a questo: mi raccontò la sua esperienza in sala parto con mille dettagli e indugiò a raccontarmi dell’episiotomia che fecero alla moglie che ricordava molto un colpo di machete nella foresta amazzonica. Accompagnò il tutto con un gesto della mano inequivocabile e un suono: ZAC! Fu terribile e uscii dalla discussione terrorizzata! Secondo lui non facevano più tanti cesarei per risparmiare, sulla pelle delle donne!
Poi fortunatamente il mio parto andò molto meglio di così e ne conservo un ottimo ricordo, soprattutto grazie alle fantastiche ostetriche che ho trovato.
Inoltre il fatto di essere incinta di due gemelli faceva sì che tante persone si divertissero a dipingermi quadretti tipo: quando una piangerà l’altra dovrà essere cambiata, quando una vorrà mangiare l’altra starà piangendo, quando una dormirà l’altra urlerà, sveglierà la prima e tutte e due piangeranno.
Qual è il ricordo più bello della tua gravidanza?
Il ricordo più bello della gravidanza è stato senza dubbio la scoperta di essere incinta. Volevamo un bambino (e siamo stati ampiamente accontentati) e stavamo provando da qualche mese ad averlo. Un mese mi sono accorta di avere la pelle del viso liscissima, come una pesca. Assurdo come segnale? Forse si ma io una pelle così non me la ricordo in vita mia! Al secondo giorno di ritardo ero già convinta di essere incinta. Comprai un test di gravidanza la sera intenzionata a usarlo il mattino successivo. Mi svegliai presto con un sogno in testa: avevo sognato che facevo il test ed era positivo. Così sono corsa in bagno e ne uscì una linea rossa così forte che non era possibile equivocare. L’annunciai al mio compagno e dormimmo abbracciati ancora un’oretta. Il mattino stesso arrivò a casa un disegno che avevo ordinato su commissione a una illustratrice, Enrica Mannari, che era una mano che teneva una stella. Le avevo chiesto di disegnare qualcosa che rappresentasse il raggiungimento di un sogno e caso ha voluto che il disegno arrivasse a casa nostra proprio quel giorno. Ancora oggi conservo disegno e busta, era datata 7 novembre.