I consumi di pesce nel nostro paese sono aumentati negli ultimi anni: nel 2018, infatti, l’Italia ha registrato il più alto consumo pro capite in Europa, circa 28 kg di pesce all’anno per consumatore. Complice anche il maggiore consumo di pesce in scatola, specialmente tonno e sgombro.
All’interno della piramide alimentare della Dieta Mediterranea, il pesce si colloca al 4° gradino, su 7 totali, dove si trovano gli alimenti che dovrebbero essere consumati 3 volte a settimana.
Il pesce, alimento insostituibile
Insieme ai legumi, il pesce rappresenta un elemento insostituibile per tanti motivi: in primo luogo, la sua qualità proteica elevata, grazie al contenuto di aminoacidi essenziali e in elevate quantità – una porzione di pesce fornisce circa un 1/3 del fabbisogno giornaliero di un adulto.
Inoltre, la sua carne è povera di tessuto connettivo, rendendola maggiormente digeribile e adatta all’alimentazione dell’età evolutiva. In particolare, durante lo svezzamento, l’inserimento del pesce nella dieta dei bambini e dell’uovo viene spesso ritardato a causa del timore dell’insorgenza di allergie, quando invece è proprio questo ritardo a causarne la predisposizione.
Le attuali raccomandazioni nutrizionali del World Health Organization (WHO) indicano di non posticipare l’assunzione di pesce e uovo dopo i 9 mesi e di promuoverne l’inserimento entro breve tempo dall’introduzione di cibi solidi, preferibilmente mentre il bambino è allattato al seno.
In secondo luogo, il pesce risulta unico per il suo contenuto di acidi grassi essenziali: gli omega-3 sono presenti soltanto in pochi altri alimenti, noci, semi di lino e alghe, ma in minore quantità e soprattutto con minore disponibilità.
La funzione di questi composti è vitale per il sistema nervoso e per il corretto sviluppo del feto, ma non solo: gli omega-3 regolano il funzionamento di organi e tessuti e costituiscono il materiale di partenza per la generazione di composti anti-infiammatori.
Nel bacino del Mediterraneo tali effetti sono stati messi in luce recentemente dallo studio italiano “Moli-sani” (2017), che ha messo in relazione il consumo di pesce settimanale e il rischio di malattie cardiovascolari in un campione di 20 000 adulti.
Dai risultati è emerso che all’aumentare della quantità giornaliera di pesce consumata diminuiva il rischio di malattie coronariche.
Quanto pesce in gravidanza?
Questo alimento assume un ruolo ancora più importante nei mesi della gravidanza: aumentarne il consumo aiuterebbe a soddisfare le maggiori richieste proteiche, specialmente nell’ultimo trimestre della gravidanza e nei primi mesi di allattamento, assicurando al feto i “mattoncini” per un accrescimento ideale.
Tuttavia, è consigliabile, sia prima sia dopo la nascita del bambino, prediligere pesci di piccola taglia, come il pesce azzurro (alici, sardine, sgombro, tonnetto alalunga) e pesci magri (sogliola, nasello, merluzzo) a causa dei potenziali livelli di mercurio nelle specie di grandi dimensioni (spada, salmone, palombo, tonno rosso).
Oltre ad essere una buona fonte di proteine e grassi salutari, le specie classificate come pesce azzurro sono ricche di vitamine, tra le quali la vitamina D: in particolare le alici e le sardine sono gli alimenti con il maggior contenuto di questo nutriente, presente invece in modeste quantità nella carne. Nel caso della vitamina D, comunque, la dieta non è sufficiente a coprire il fabbisogno, soddisfatto per il 75% dall’esposizione solare.
Le specie denominate “pesce azzurro” sono ricche di altre vitamine e minerali e ognuna di esse si differenzia per le sue qualità:
- le alici rappresentano una preziosa fonte di potassio, magnesio e fosforo,
- una porzione di sardine contiene circa 1/3 del fabbisogno giornaliero di calcio;
- la vitamina B12, presente in tutti i pesci, risulta particolarmente abbondante in sardine e sgombro, il cui consumo permette di soddisfare ampiamente i fabbisogni giornalieri di questa vitamina secondo quanto indicato dai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti per la popolazione italiana).
- Lo sgombro, rispetto agli altri, è più ricco di iodio;
- il tonno, invece, si distingue per un minor contenuto lipidico e un buon apporto di vitamina B3.
Il pesce in gravidanza: cotto, crudo o affumicato?
La cottura degli alimenti di origine animale nei mesi di maternità deve sempre raggiungere il cuore del prodotto, al fine di evitare rischi da intossicazioni o infezioni alimentari. Pertanto, qualsiasi specie ittica (pesci, molluschi, crostacei) può essere consumata solamente una volta cotta e nel minor tempo possibile. È sconsigliato invece il pesce affumicato.
La stessa regola è prevista per le uova e la carne, tenendo sempre presente come regola generale che è consigliabile prediligere gli alimenti surgelati a quelli conservati in scatola e prevederne il consumo subito dopo la data di apertura -non oltre quella di scadenza.
Da questo punto di vista, le conserve ittiche offrono una scelta alimentare sicura, grazie alle varie fasi di produzione che non alterano le proprietà nutrizionali (scongelamento, inscatolamento, sterilizzazione, imballaggio).
L’unica eccezione è data dal tonno, nel quale il contenuto di omega-3 si riduce drasticamente mediante il passaggio da prodotto fresco a conserva; per tutti gli altri invece viene garantito il mantenimento del profilo nutrizionale. Il consiglio è quello di evitare l’uso del sale come condimento al momento del consumo, in quanto l’alimento già di per sé contiene un elevato contenuto di sodio, presente sia naturalmente nel pesce sia aggiunto secondo i metodi di produzione.
A quanto corrisponde una porzione?
Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), una porzione di pesce fresco/surgelato per la popolazione adulta equivale a 150g, 50g in peso sgocciolato se riferito al pesce conservato. Una corretta alimentazione, che consideri non solo il pesce ma anche cereali integrali, frutta e verdura, è preventiva anche per il rischio di diabete gestazionale, patologia diffusa tra le donne in gravidanza a causa di una alimentazione sbilanciata.